mercoledì 5 dicembre 2007

Studio e lavoro

Stamattina venendo a lavoro in radio si parlava del problema dell'assenteismo degli statali, in vista del rinnovo dei contratti nazionali e dell'ennesimo sciopero generale preannunciato per il 2008; il problema dell'assenteismo degli statali che beneficiano dell'ormai utopistico "posto sicuro" è pari a circa 14 mld di euro, ossia l'1% del PIL nazionale (e già qui mi girano!).
Oltre a ciò si è parlato anche della scarsa preparazione matematico-scientifica dei giovani italiani, al 36° posto nella classifica OCSE, e della conseguente perdita di competitività dell'economia nazionale.
A lavoro poi mi sono imbattuta in un interessante articolo in cui si parlava di studio e lavoro, un punto di vista che secondo me costituisce il trade d'union delle diverse problematiche qui accennate.

Noi nati negli anni 80 siamo cresciuti in un'epoca di benessere, ci è stato insegnato che bisogna studiare andare all'università e laurearsi, trovare un posto sicuro e metter su famiglia; effettivamente i genitori all'epoca non potevano sapere che i tempi sarebbero cambiati, che i loro figli sarebbero stati la generazione del precariato, delle ferie non pagate e dei contributi non versati.
Per chi non lo sapesse, mi sono laureata in tempi record con il massimo dei voti in una facoltà non troppo semplice, lavoro 8 ore al giorno a 8€/h lordi, ferie e permessi non sono pagati, verso regolarmente i contributi assicurativi e fiscali malgrado io sia un soggetto, fiscalmente, nullatenente (confido nel credito d'imposta) e non ho contributi previdenziali nè tredicesima.
Non importa, va bene così perchè il mercato vuole così, aiutiamo l'economia e l'impresa a contenere i costi del personale: regola base di mercato, se l'offerta di lavoro aumenta il prezzo cala.

Il problema è questo: l'offerta di lavoro. I laureati sono troppi e la laurea non garantisce più nulla, nè un posto sicuro ai neolaureati nè, tanto meno, lavoro qualificato alle imprese; la mentalità alla base è sbagliata, perchè la laurea non è un dovere, ma un mezzo funzionale ad eventuali obiettivi futuri.

Guardando le nuove generazioni poi la situazione è ancora più drammatica: veline, calciatori e tronisti sono le nuove icone simbolo di successo. Per arrivare dunque non serve studiare?! A tale proposito urge una precisazione: non si studia per arrivare, lo studio e la riflessione formano l'uomo nel più alto senso del termine, creano una cultura personale e sociale, aprono la testa e fanno sperare in un mondo migliore.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Hai perfettamente ragione...altro che bamboccioni! Comunque le nuove generazioni le vedo molto ma molto male! Per fortuna che i nostri anni sono i migliori e possiamo prendere come modello tanti personaggi importanti nati vicino a noi tipo Britney Spears :)

Alessandro Bressan ha detto...

Uno dei problemi seri, da affrontare con la massima urgenza, è proprio quello dell'istruzione che sembra essere inesorabilmente passata in secondo piano. Purtroppo al di là dei sondaggi, che ci dipingono tra i più caproni d'Europa, la situazione che abbiamo quotidianamente sotto gli occhi è disarmante. Ragazzini vestiti dalla testa ai piedi D&G, anche tarocco ma l'importante è che si veda bene la marca, che hanno come obiettivo la fama, non importa per quali meriti l'importante è che arrivi. La cosa più pericolosa è proprio il fatto che la notorietà è diventata un valore da perseguire a qualunque prezzo e in qualunque situazione. Ne abbiamo avuto purtroppo esempi eclatanti in questi mesi. Forse per vedere un cambiamento di rotta dovremo aspettare il pensionamento dei pionieri del "non so fare niente ma sono famoso", vedi su tutti il duo Costanzo-De Filippi.

Anonimo ha detto...

No all'imperialismo delle multinazionali che ottenebrano le giovani menti plagiandole con tutti i mezzi possibili al piu' amorale e cinico consumismo!!!

Anonimo ha detto...

Vecchio ma tu stai veramente poco bene. Vai a trovare la tua ragazza, fai l'amore, straviati in qualche modo perchè comincio a preoccuparmi.