martedì 15 dicembre 2009

Partire, andare o semplicemente tornare

Tornare a casa, alla vita di prima, alla vita di sempre e potersi lamentare della quotidianità, consapevoli di quanto comoda sia. E intanto guido lungo la strada di casa, una strada che non mi appartiene e una casa che ho cercato di cambiare tutta la vita e adesso mi manca. Qualcuno ha detto che è bello viaggiare se hai una casa dove tornare, ma ancor peggio credo sia imporsi una casa o una famiglia o una storia quando hai già tutto questo: una famiglia chiassosa, una casa troppo grande e una storia che non ti soddisfa. Sarà per questo che non mi piace guidare. Troppi pensieri e troppo sfumati, troppi pochi ricordi, troppe domande e troppe risposte. E la guida diventa lenta, vischiosa, distratta. Distratta dai fantasmi di un presente inconsistente e così assente di fantasia che non sa far altro che riproporre le passate incongruenze e gli errori condizionati dallo spauracchio del futuro (sempre lo stesso). Ho collezionato i miei giorni con grande pazienza e con grande cura, ho riposto i miei primi 20 anni in uno scrigno di preziosi ossessionata dalla paura di perderli e con gli anni invece ho perso l'interesse a ricordare. Non perchè abbia dispiaceri da nascondere o sotterrare, ma per pigrizia. Pura e semplice abulia di voltarmi indietro. La stessa apatia che mi prende alla guida e dimentica del dove, mi accorgo solo all'ultimo della luce rossa del semaforo. Non ci provo neppure a frenare. Non importa, andiamo avanti. Non mi importa della strada, sto pensando e quando penso non voglio distrazioni.

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